Troppa informazione? Ecco come scegliere le fonti migliori (per te)

Troppa informazione? Ecco come scegliere le fonti migliori (per te)

Se ti trovi in un posto affollato e provi ad ascoltare tutte le voci di chi ti sta attorno, non riuscirai a capirci proprio una mazza. Troppe informazioni che competono tra loro allo stesso tempo smettono di essere informazione e regrediscono a semplice, incessante rumore.

Se eccessivo, il rumore non solo diventa inutile, ma anche fastidioso, inquinante e alla lunga perfino nocivo.

L’abbondanza di informazioni che circolano è sicuramente una benedizione, soprattutto se proviene da un’ampia pluralità di soggetti, ma è altrettanto vero che, se dai in mano un violino a chi non lo sa suonare, viene fuori una cantilena frastornante che irriterebbe perfino un branco di gatti in amore.

Hai capito il paradosso? Avere tante informazioni a portata di mano rischia di produrre soltanto disinformazione e allontanarci così da persone e organizzazioni che invece potrebbero comunicarci qualcosa di veramente utile. L’unica strada per venirne fuori è quella di saper selezionare a priori le fonti da cui vogliamo attingere e chiudere invece, con decisione, tutti quei rubinetti che perdono acqua da tutte le parti.

Perciò, in questo articolo, ho voluto condividere alcune possibili soluzioni che, con un minimo di sbattimento, ci possono evitare di essere travolti dal cosiddetto overload informativo.

I cari, vecchi feed RSS

Per chi non lo sapesse, l’RSS è un file condiviso da un sito web, in genere un blog o un giornale online, dove vengono archiviate tutte le notizie già uscite. Grazie alla struttura standard tipica degli RSS, è possibile sviluppare applicazioni in grado di leggere ed elaborare i dati del feed per vari scopi.

Uno di questi è proprio quello di alimentare i cosiddetti RSS reader.

In buona sostanza, un RSS reader permette di raccogliere in un’unica piattaforma le notizie provenienti dai siti di mio interesse, senza doverli visitare ogni volta uno per uno. Qui però non ci sono amici, non ci sono interazioni, niente like e cuoricini, soltanto un fiume di pura informazione che ci scorre davanti al naso.

Per questo motivo, tali aggregatori sono passati presto di moda, ammesso che lo siano mai stati. Alcuni di questi però sono ancora vivi e vegeti e il mio preferito è senza dubbio Feedly. Ai tempi, Feedly fu po’ la scialuppa di salvataggio per chi, come me, era abituato a utilizzare Google Reader, chiuso per sempre nel 2013, dal momento che si poteva “travasare” il tutto in pochi semplici passaggi.

Feedly

Lo sbattimento di Feedly, o di qualunque altro RSS reader? Sei tu che devi metterti alla ricerca dei siti preferiti e, in alcuni casi, andare a recuperare il link esatto del loro feed RSS. Iscriversi non costa nulla e, come indicazione generale, consiglio sempre di salvare subito nella piattaforma ogni nuovo sito interessante che ti capita di incontrare. Quella di finire su un sito web potenzialmente valido per poi dimenticarsene o non riuscire a ritrovarlo è oggigiorno un’eventualità più che concreta.

I social (a modo tuo)

Inutile girarci troppo attorno. I social sono luoghi di puro cazzeggio, dove ci andiamo regolarmente nell’illusione di rilassarci un pochino o nel timore di perderci qualcosa di interessante, senza per questo voler approfondire, sia ben chiaro. Ovviamente tutti quanti ci si sono buttati a capofitto, compresi quei soggetti un po’ più preparati che potrebbero darci le informazioni di cui avremmo bisogno. Che dico, molti blogger e professionisti potrebbero essersi già stancati di stare dietro al proprio blog, privilegiando quindi la comunicazione sui social.

Per farla breve, i social network, tolta un po’ di fuffa qua e là, possono rivelarsi delle ottime fonti di informazione. Il problema? Spesso e volentieri non abbiamo affatto il controllo sui contenuti che ci vengono offerti. I vari algoritmi, infatti, filtrano e rielaborano tutta l’informazione prodotta dagli utenti, proponendoci quella che loro ritengono più adatta per noi. In altre parole, se seguo una persona o un’azienda, non è detto che riuscirò a vedere tutto quello che condivide, anche se magari è proprio quello che voglio.

Su alcune piattaforme, come il caro vecchio Facebook, è possibile stabilire per ogni contatto la frequenza con cui ricevere gli aggiornamenti, ma, detto in tutta sincerità, chi ha voglia di mettersi lì a controllare e/o aggiustare le impostazioni per ciascuno di loro? Anche ammesso di volerlo fare, sui social saremmo comunque assediati da amici e conoscenti che ci terranno a mostrare scatti delle vacanze o dei compagni a quattro a zampe, entrando cioè in competizione diretta con le altre fonti. Bloccarli o metterli in “muto” non sarebbe carino e nemmeno auspicabile.

Un’alternativa, poco comune ma fattibile, sarebbe quella di creare un secondo account sul nostro social preferito (meglio se uno solo) dove decidiamo di seguire, in modo selettivo, soltanto le nostre preziose fonti ed escludendo tutti gli altri. Si tratterebbe di un account completamente passivo, dove non interagiamo, né cerchiamo l’amicizia di nessuno. Insomma, saremmo come dei fantasmi che si limitano a osservare nell’ombra. 😊

I servizi di content curation

Nel marasma generale, troviamo anche dei buoni samaritani che si accollano l’onere di cercare e selezionare le notizie migliori al posto nostro. Buoni mica tanto, perché spesso, giustamente, vogliono anche qualche soldino in cambio. Io, per esempio, ho sperimentato per un po’ The Browser, una selezione ben curata di taglio generalista, di cui ho avuto già modo di parlare qui. In questo caso entrano in gioco individui in carne e ossa, ma il lavoro può essere svolto in modo completamente automatizzato, per esempio da piattaforme (costose) come UpContent.

Certo, essere costretti a un esborso economico per ricevere contenuti che in teoria potrei già ottenere gratuitamente rode un po’, non c’è dubbio.

Un’abbuffata di newsletter

Iscriversi alle classiche mailing list potrebbe spaventare molti, perché il rischio di ricevere tonnellate di spam e intasare la casella è sempre dietro l’angolo. Come ho già avuto modo di spiegare qui, però, molti professionisti preferiscono condividere le informazioni migliori e più esclusive attraverso l’invio di newsletter periodiche (perché in cambio, ovviamente, riceveranno i nostri dati personali, quindi abbiamo teoricamente un vantaggio reciproco).

La cosa bella, fino a un certo punto, è che le informazioni inviate non spariscono per magia e non rischiano di andare perdute per sempre, perché si accumulano giorno dopo giorno nella nostra amata casella di posta.

In altre parole, possiamo decidere noi qual è il momento ideale per la lettura di queste newsletter, purché non siano troppe, è ovvio. Se proprio la paura dello spam è più forte di noi, possiamo sempre valutare l’idea di aprire una nuova casella di posta, dedicata esclusivamente alla ricezione di notizie. In questo modo, la nostra “sfera privata” può dirsi salva.

Pagare, pagare, pagare

Fin qui abbiamo dato per scontato che l’informazione sia fornita aggratis, ma chi ha stabilito che debba essere sempre così? La qualità costa e per questo motivo può essere utile valutare l’idea di abbonarsi a qualche servizio a pagamento, nel limite ovviamente del proprio budget.

Dirò di più, non mi trovo male nemmeno con le vetustissime riviste cartacee. Hanno il vantaggio di avere un tot limitato di informazioni, sono comode da consultare e, per quanto mi riguarda, le trovo decisamente più rilassanti rispetto a uno schermo. Sto invecchiando, lo so.

Leggi più tardi

I ritmi frenetici del web, uniti alla già citata opulenza informativa, molto spesso non ci danno materialmente il tempo di consumare i contenuti che vorremmo. Anche se li riteniamo validi e di alta qualità (in genere, infatti, i contenuti migliori sono anche quelli che richiedono più attenzione ed energia).

Applicazioni che io adoro come Instapaper e Pocket offrono la possibilità di salvare articoli e video in una sorta di archivio digitale da consultare per “dopo”. Per quanto mi riguarda, i cosiddetti servizi di “read later” nel 99% dei casi finiscono nel calderone del “read never”. In ogni caso, si tratta di strumenti perlopiù passivi: il lavoro di ricerca e selezione dei contenuti, infatti, te lo devi smazzare tu medesimo mentre viaggi qua e là per il world wide web.

Dulcis in fundo

Per concludere, non possiamo fare a meno di osservare che i canali distributivi delle notizie si stanno moltiplicando a vista d’occhio e i grandi monopoli si stanno via via sgretolando. Se, da una parte, questo non può che stimolare tanta sana competizione, dall’altra si rischia di vedere disperse molte informazioni o magari farne indigestione.

D’altronde, se non vogliamo farci travolgere da un fiume in piena, non ci rimane che costruire argini sempre più forti.

Scritto da
Gianluca Riboni
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Gianluca Riboni

Pensatore e capo tribù NAZAV, personal trainer non convenzionale, ambasciatore dello yoga e della risata, scrittore e blogger incompreso. Scrivo quello che mi passa la testa, nella speranza di lasciare un segno su questo pianeta. Sempre in Arial 11.

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