Perché ho disdetto, a malincuore, Blinkist

Perché ho disdetto, a malincuore, Blinkist

Esiste un’app che mi ha fatto l’occhiolino per lungo tempo, prima di convincermi a utilizzarla sul serio. Sto parlando di Blinkist, il software sviluppato in Germania che consente, tramite abbonamento, di leggere un ampio catalogo di saggi ma in formato “riassunto”. Come i bigini di una volta, tanto per intenderci.

Per un lettore vorace come il sottoscritto, un’applicazione del genere non poteva che farmi venire l’acquolina in bocca. Con una modesta cifra, infatti, avrei avuto accesso a una grande selezione di saggistica, dove qualcun altro avrebbe già elaborato e sintetizzato le informazioni più importanti al posto mio.

Una vera pacchia, insomma. Un saggio di centinaia di noiosissime pagine si sarebbe trasformato, come per magia, in un denso abstract da poter liquidare in pochi minuti. Fu così che, ammaliato da un così pantagruelico banchetto digitale, mi decisi a sottoscrivere l’abbonamento annuale a Blinkist. Oltretutto, tutti i libri disponibili sulla piattaforma erano scaricabili non solo sull’applicazione mobile, ma anche su Kindle. Cosa che mi avrebbe permesso una lettura ancora più rapida e un sollievo non indifferente ai già tanto bistrattati bulbi oculari.

Piccola parentesi: tutto il materiale su Blinkist è disponibile soltanto in lingua inglese (almeno non è teutonica, quindi non lamentiamoci).

Perché abbandonare Blinkist, dunque?

In un solo anno di sottoscrizione, riuscii a leggere la bellezza di 47 libri, lasciandone circa una quindicina a prendere polvere sull’e-reader. Un numero impressionante, direi, pure troppo. Se da una parte avevo raggiunto l’obiettivo di riuscire a leggere di più e in meno tempo, dall’altra avevo sacrificato moltissimo lungo la strada.

Se è vero che molti saggi sono pericolosamente noiosi, e talvolta prolissi, dall’altra tutta quella “ciccia” apparentemente inutile, spesso e volentieri, è in realtà di fondamentale importanza. Perché il nostro cervello impara di più, assimila di più, se compie lui stesso lo sforzo di ricercare e comprendere i vari concetti. Se troviamo già la pappa pronta, il nostro apprendimento rischia di rimanere a un livello troppo superficiale. Detto in altri termini, ci entra poco o nulla nella zucca.

Il bello di una lettura, poi, non sta soltanto nel contenuto informativo, ma anche nella voce dell’autore, nel suo punto di vista, nei suoi aneddoti, nell’eleganza e nella forza dei suoi ragionamenti, nella sua capacità di esporre ed analizzare i dati e le fonti a cui ha attinto. Un libro, insomma, è fatto di tanti, tantissimi dettagli.

Con Blinkist, purtroppo, tutto questo viene perduto. E se è vero che ci guadagniamo parecchio con la sintesi delle informazioni e con la velocità nella lettura, dopo un anno di abbuffate sono arrivato alla conclusione, un po’ amara per me, che non ne vale la pena. Mi dispiace molto per gli autori dell’applicazione e per l’impegno che ci hanno messo in questo progetto, ma dal mio punto di vista è meglio tornare alla cara vecchia lettura tradizionale. Si leggerà di meno, ma più in profondità. CI vorrà più tempo, ma il cervello dovrà sforzarsi maggiormente nella ricerca e nello studio.

Ma se usassimo Blinkist per avere un’anteprima dei libri?

Investire nella lettura di un saggio può rivelarsi una fregatura; quindi, tanto vale farsi un’idea di cosa ci attende passando prima dalla versione “mini”. L’obiezione non fa una piega, ma mi domando: abbiamo davvero bisogno di un abstract, per quanto curato, per quanto “denso” di contenuti, per appurare la qualità di un libro? Le recensioni, gli estratti del libro, non raggiungono ugualmente lo scopo?

In conclusione

L’idea di Blinkist mi stuzzicava parecchio. Ci ho impiegato un po’ per convincermi a tirare fuori la carta di credito e sottoscrivere l’abbonamento, ma le cose non sono andate, mi spiace dirlo, come speravo. Non ho nulla da ridire sulla qualità dell’applicazione e dei contenuti proposti, ma questa cultura della produttività a tutti i costi, che ci spinge a consumare tutto nel più breve tempo possibile, ci sta portando, mi spiace dirlo, sulla cattiva strada.

Le scorciatoie, i bigini, gli “omogeneizzati”, anche se ben confezionati, non fanno proprio per me. E non tutte le app, in fondo, rendono la vita più facile come, facendo l’occhiolino, ci vogliono promettere.

Scritto da
Gianluca Riboni
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2 commenti
  • Salve, condivido quello che dici, secondo me è quanto mai attuale in questo momento con l’AI che dovrebbe sintetizzare i libri, le call , ecc. la mia idea che in un libro , in una call ci possono essere cose la cui importanza è soggettiva. Le stesse recensioni dei libri possono essere non adatte a giudicare un libro, possono dipendere dalla conoscenza pregressa del lettore.

    • Grazie Nicola per il commento. Credo che il discorso possa valere per tutte quelle applicazioni che ci fanno “spegnere” troppo il cervello. Va bene non perdere troppo tempo, ma guai a perdere il piacere della “ricerca” e dello “sbatterci la testa”.

Gianluca Riboni

Pensatore e capo tribù NAZAV, personal trainer non convenzionale, ambasciatore dello yoga e della risata, scrittore e blogger incompreso. Scrivo quello che mi passa la testa, nella speranza di lasciare un segno su questo pianeta. Sempre in Arial 11.

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