Ai tempi in cui lo comprai, ricordo, mi feci venire la schiena a scimitarra per quanto ci dovetti sbattere la testa.
Andò a finire, poi, che quel linguaggio di programmazione lo dovetti abbandonare lungo la strada (in senso metaforico, eh?) e tutte quelle ore di studio matto e disperato andarono, per così dire, buttate. Per l’appunto, mi ero messo lì a imparare un’arte per poi, come spesso capita, metterla da parte.
Questo, naturalmente, non vuole essere un invito a studiare cose a caso soltanto per il gusto di farlo, ma è anche vera una cosa: applicarsi su apprendimenti nuovi e possibilmente impegnativi è comunque un prezioso allenamento per il nostro cervello.
Se ci pensiamo bene, quella corsetta campestre disputata nel 1915 ha visto svanire i propri “effetti” nel giro di pochissimo tempo, eppure non rimpiangiamo di averla fatta, credo. Molti sforzi che facciamo ogni giorno, visti da così lontano, ci potrebbero sembrare ridicolmente inutili. Resta il fatto, però, che in qualche modo ci sono serviti.
In buona sostanza, il cervello ha bisogno continuamente di stimoli, ha bisogno di sfide, e non può vivere a lungo, in salute, senza imparare. Se non impara, non saprà più come imparare. E se non impara, lentamente, inesorabilmente, muore.
Ecco spiegato (e ci sono arrivato col carro merci, lo so) l’autentico significato del detto “impara l’arte e mettila da parte”: non importa se stai imparando qualcosa di inutile, o che presto lo diventerà, perché stai imparando a imparare.
Molta polvere si accumulerà certo, e molte cose, ahimè, verranno dimenticate. Il trucco, però, sta nel custodire il nucleo più profondo di ogni insegnamento. E così ogni cosa potrebbe diventare degna di essere imparata.