Modalità aereo ON

Modalità aereo ON

Piccola parentesi di nostalgia verso un passato “analogico”, orrendamente noioso e maledettamente magico, dove gli unici cinguettii provenivano dagli alberi.

Di colpo arriva l’estate e, chissà perché, mi torna in mente quell’epoca ormai remota di quando ero bambino. Di quando avevo tre mesi interi di vacanze dopo la fine della scuola e l’unico mio problema era come riempire quelle maledette giornate che sembravano praterie.
Ai tempi le possibilità di distrarsi erano davvero limitate. Sì, c’era la TV, ma i canali non erano molti e non potevi farti una scorpacciata di serie tv come succede adesso. Sì, c’erano già i videogiochi, ma i titoli a disposizione si contavano sulle dita di una mano, e anche quelli, dopo un po’, stufavano.

Un bel giorno, proprio durante una di queste vacanze, tanto ero sopraffatto dalla noia, pensai bene di fare un’incursione in cantina e raccattai un po’ di cianfrusaglie per poter costruire quella che avrebbe potuto definirsi, tecnicamente, una piccola capanna.

Mi misi di impegno e, dopo qualche ora, riuscii a mettere in piedi una struttura più o meno coerente dove potessi, grossomodo, soggiornare. Ricordo che, al termine della mia fatica (ancora oggi l’opera di bricolage meglio riuscita del sottoscritto), mi rinchiusi all’interno della mia costruzione, mi sdraiai su una coperta e rimasi lì per un po’ di tempo.
Le campane del paese suonavano a festa e gli uccellini cinguettavano beati. Non avevo proprio nulla da fare, e non c’erano notifiche ad ammiccare attraverso uno schermo, e non c’erano dei social network a ricordarmi quanti amichetti avrei potuto frequentare al di là della scuola o dell’oratorio, e non c’erano siti di viaggi a ricordarmi quanti altri posti avrei potuto visitare in quel momento. Non avevo scadenze da rispettare, né progetti da portare a termine, né desideri impossibili che mi facessero perdere il sonno. Non mi interessava il numero di like o di click, e non volevo essere una persona diversa da quella che ero.

Quel momento mi bastava. E mi bastavo. C’ero solo io, al sicuro dentro la mia confortevole e traballante “catapecchia”, anche se sarebbe durata soltanto poche ore, tanto quanto sarebbe durata quella parentesi di follia.

Per me, come molti, credo, è diventato difficile ricreare momenti simili. Perché non possiamo più essere soli. Perché sappiamo, in ogni momento, quante opportunità ci sono là fuori e quante opportunità ci stiamo perdendo.

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Oggi è VERAMENTE difficile ricreare momenti simili, ma di solito ci viene più facile quando siamo chiamati a viaggiare in aereo. Qui, prima del decollo, ci costringono a spegnere tablet e smartphone, o metterli a tacere con la salvifica “modalità aereo”, e tutto a un tratto ci troviamo disconnessi dal mondo intero, neanche fossimo i protagonisti del film Matrix. È come rimanere in apnea, e ci si sente un po’ svuotati, senza più nessuno stimolo di natura digitale.

Quanto ci pesano quei momenti? Come ci sentiamo sollevati non appena, all’arrivo in aeroporto, possiamo stringere di nuovo l’universo intero nel palmo di una mano?

E se imparassimo a usare la modalità aereo intenzionalmente? Se imparassimo a indugiare qualche volta in questo stato di tregua e puro distacco, e tornare con i piedi per terra, e al tempo stesso decollare con la fantasia?

A volte basterebbe un semplice tocco. A volte basterebbe metterci lì e costruire qualcosa con le poche o tante cose che abbiamo a disposizione.

Metterci lì a costruire la nostra capanna di quiete e pace con il mondo.

Scritto da
Gianluca Riboni
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Gianluca Riboni

Pensatore e capo tribù NAZAV, personal trainer non convenzionale, ambasciatore dello yoga e della risata, scrittore e blogger incompreso. Scrivo quello che mi passa la testa, nella speranza di lasciare un segno su questo pianeta. Sempre in Arial 11.

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